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dall'8 al 20 GENNAIO 2013
dal martedì al sabato h 21 – domenica h 18

Teatro Stabile del Veneto

WORDSTAR(S)
di Vitaliano Trevisan

con Ugo Pagliai
Paola di Meglio e Alessandro Albertin
e con Paola Gassman

regia Giuseppe Marini

WORDSTAR

Note di regia
Sebbene poco incoraggiata, quando non decisamente maltrattata, la nostra drammaturgia contemporanea mostra, malgrado tutto, importanti segnali di vitalità da cui si stagliano delle punte avanzate di cui vale la pena occuparsi. Un plauso e un ringraziamento particolari, dunque, al Teatro Stabile del Veneto e al suo direttore per questa esemplare e significativa controtendenza.

Wordstar(s) di Vitaliano Trevisan è, lo affermo subito e con imprudente faziosità, un testo importante, a suo modo, un classico. In primo luogo per la sua  qualità meta-testuale e metadrammatrica, capace di fare del medium usato il proprio tema e la propria narrazione. Il linguaggio e la scrittura diventano, in modo autoriflessivo, materiale del racconto, la forma stessa diventa sostanza narrativa.

Ulteriore motivo di originalità e fascinazione, Wordstar(s) è scritto senza punteggiatura e con gli ‘a capo’ tipici delle strutture versali e funzionali alla proposta di una lingua artificiale, ricreata in provetta, che aspira a farsi distillato purissimo, partitura.

L’artificio è tuttavia così abilmente condotto e sorvegliato da conservare al linguaggio il suo simulacro di quotidianità. A ribadire la centralità tematica della scrittura, insieme al titolo (WORDSTAR è, nel linguaggio del computer, un programma di scrittura, peraltro ormai obsoleto) lavora un sottotitolo, altrettanto suggestivo:  ritratto di scrittore come uomo vecchio (mi è parso subito il titolo di un quadro di Francis Bacon e questa forte suggestione non ha mancato di reclamare  i suoi diritti e le sue urgenze in sede scenografica, nei costumi, nell’uso della luce e del colore,  appunto, alla Bacon).

Ma è la scelta dello scrittore a chiudere coerentemente il cerchio di questa profonda meditazione sulla scrittura. E quale altro scrittore se non Samulel Beckett, che ha dedicato (sacrificato) l’intera esistenza alla sua irriducibile ossessione per il linguaggio e che ha  spinto la letteratura e il teatro al limite delle loro (im)possibilità espressive, portandole al collasso per usura. Lo scrittore che, partendo dal presupposto che l’immaginazione è morta e la vena creativa  esaurita, corteggia l’idea della fine della letteratura e della parola che si stempera nel silenzio da cui trae origine e a cui vuol fare ritorno. Lo scrittore più fedele all’idea dell’arte come fallimento inevitabile  (“essere artista è fallire – scriveva – così come nessun altro ha il coraggio di fallire” o ancora “nessuna capacità di esprimere… insieme all’obbligo di esprimere”).

Tenendosi al riparo dalla cronistoria o dalla biografia teatralizzata, Wordstar(s) narra (con libertà immaginativa che ha consentito possibili e pertinenti  pennellate bernhardiane nella composizione del ritratto) gli ultimi giorni - o forse ore - di vita del grande scrittore, colto nella sua quotidianità comicamente scandalosa. La vertigine del pensiero e il  tormento creativo dell’artista si coniugano con la  tragicomica goffaggine dell’uomo, letteralmente in mutande, e di un corpo, cervello compreso, che va  in malora e che impedisce le più elementari attività quotidiane, come tagliarsi le unghie dei piedi. Al flusso monologante del protagonista fanno da  contrappunto le due figure femminili di Suzanne e Billie – la moglie e l’amante - che nel loro chiacchiericcio post mortem, logorroico e delirante, sembrano proprio (e così le ho trattate registicamente) due creature beckettiane nel loro teatrino purgatoriale…così da avere sullo stesso palcoscenico lo scrittore e il suo teatro in un alternante doppio registro con cui, a mio avviso, respira il testo-spettacolo. Analogo trattamento, un po’ meno marcato, per la figura del giornalista-professore-biografo Knowson, che vagheggia fortune editoriali sulla vita di Samuel. Ringrazio ancora chi ha ritenuto di dover affidare a me la cura registica di questo atto di nascita. Nel farlo ha forse tenuto conto di quella sorta di primo amore per il gigante irlandese come nulla osta ad occuparsi di Wordstar(s), o, forse, per favorire  un avvicinamento di due beckettiani incalliti, quali Trevisan e me…

E grazie a Ugo Pagliai che ha immediatamente creduto nel progetto abbracciandolo col coraggio e la spericolatezza del grande artista della scena… anche se abbiamo immediatamente escluso di lavorare in maniera mimetica alla costruzione di questo ritratto, fare Beckett non era uno scherzo… guardatelo e ascoltatelo: una meraviglia.

Giuseppe Marini

 

Note dell’autore
WordStar, il più diffuso programma di scrittura prima dell’avvento di Microsoft Word. Niente più stelle, solo parole. Allo stesso modo, come un programma di scrittura ormai obsoleto, si spegne un vecchio scrittore, Samuel – direttamente ispirato alla figura e alla  biografia di Samuel Beckett –, incalzato dal ricordo della moglie e dell’amante, entrambe inaspettatamente morte prima di lui, e tormentato dalla presenza del direttore di una rivista di studi a lui dedicata, che cerca di carpirgli un’ultima “illuminante” dichiarazione.

Vitaliano Trevisan

 

Guarda il trailer dello spettacolo >>

 

Rassegna stampa

Wordstar(s) al Vascello, Pagliai splendido Beckett
Il Messaggero 18/1/2013

Il Teatro Vascello, dove l'immaginazione diventa realtà
Telesport 13/1/2013

Beckett, solitario con furore
Corriere della Sera 12/1/2013


Fratelli di palco vanno in scena tre genrazioni di Gassman
La Repubblica 12/1/2013


WORDSTAR(S)
Che Teatro fa


Beckett? Un vecchio brontolone
L'Unità 11/1/2013


Ecco Ugo Pagliai, omaggio a Beckett
TrovaROMA 10/1/2013


L'ossessione di Beckett
Fuori Campo 5/1/2013


Gassman e Pagliai attori in "Wordstar(s)"
La Repubblica 8/1/2013


Pagliai e Gassman fanno rivivere Beckett
Il Messaggero 8/1/2013


Ugo Pagliai e Paola Gassman, gli ultimi giorni di Samuel Beckett
Corriere della Sera 8/1/2013