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20 febbraio 2017 h21.00
NON C'E' ACQUA PIU' FRESCA
Volti visioni e parole dal Friuli di Pier Paolo Pasolini
uno spettacolo di Giuseppe Battiston
drammaturgia Renata M. Molinari
su testi e poesie di Pier Paolo Pasolini
musiche originali e dal vivo di Piero Sidoti
disegno luci Andrea Violato
assistente alla regia Chiara Senesi
regia e spazio scenico Alfonso Santagata
produzione CSS Teatro Stabile di Innovazione del FVG
Un viaggio di ritorno alla terra di temporali e primule, anche autobiografico, ideato e interpretato da Giuseppe Battiston, pensato per restituire la bellezza del grande laboratorio di poesia in lingua friulana di Pasolini e il suo spessore emozionale nella nostra memoria collettiva.
La prima volta che lessi le poesie in friulano di Pasolini ero un ragazzo, uno studente, le trovai difficili, le lasciai lì… Poi negli anni – come accade spesso con le cose messe da parte o lasciate sul comodino – ritornandoci, compresi perché, da ragazzo, inconsapevole, immaturo, forse, non mi era stato possibile comprendere quei versi, che invece parlavano a me dei miei luoghi, i luoghi della mia infanzia. Quelle parole così mie, quei suoni, proprio quelli di mio padre, quella lingua che si parlava a tavola, mi raccontavano quella terra di "primule e temporali", di feste e sagre paesane, di vento, di corse in bicicletta a perdifiato, dell'avvicendarsi delle stagioni nel lavoro dei contadini. di colori, suoni e profumi. Di quello che fu la guerra e ciò che venne dopo e dopo ancora e di me e di noi, e di quell'acqua:
Fontana di aga dal me país.
A no è aga pí fres-cia che tal me país.
Fontana di rustic amòur.
Insomma i miei ricordi invece di assumere i toni malinconici del passato, si sono ravvivati, fatti nuovi, simili a sogni, e ho così immaginato di poter raccontare un aspetto di quella vita e di quel tempo che nella poesia di Pasolini si fanno memoria collettiva.
Perché la Poesia, una tra le più alte forme d'arte, non è scissa dalla vita, ma è lì che nasce e risiede. I suoi versi seguono un ritmo, come i versi di una canzone seguono la musica, musica tanto cara a Pasolini.
Forse, se chiudo gli occhi, riesco ad immaginarlo in città, a Roma, nella sua casa, che ascolta Bach, e allo stesso tempo a Casarsa, mentre percorrendo quella piccola piazza e le strette viuzze o i campi dove si bruciano le stoppie, rimane rapito dalle musiche e dalle canzoni della gente, da quelle poesie del quotidiano che sono le villotte e le filastrocche a lui tanto care.
Grazie a tutta quella poesia, scritta o cantata, o sognata, sono stato di nuovo bambino, ho rivisto e visto con occhi nuovi quei luoghi, e anche io attraversando piazze e vie mi sono unito alla sagra del paese, ho cantato e ballato e ho brindato alla vita, e ciò che vorrei fare è trasmettere quelle parole che ho sentito tanto mie, a cui in qualche modo appartengo. Forse non tutte saranno comprensibili, ma sono convinto che il dialetto, ogni dialetto, attraverso la sua musicalità diventi evocativo, anzi, Pasolini sosteneva che quando il dialetto viene utilizzato per esprimere alti concetti e alti sentimenti si fa Lingua, e con i suoi suoni ci entra nell'anima e ci porta altrove.
Giuseppe Battiston
RASSEGNA STAMPA
Nei versi in dialetto il mio Pasolini solare
la Repubblica 20/2/2017
Temporali e primule nel Fiuli di Pasolini
il Corriere della Sera 19/2/2017
Battiston e la poesia di Pasolini
il Tempo 19/2/2017
Battiston, in scena il nord di Pasolini
la Repubblica 16/2/2017
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