header  
   
 
 

Dal 5 all'8 aprile 2018 | PROSA
dal giovedì al sabato h 21 – domenica h 18
5-6 aprile h 21

Effimera srl

LAVIA DICE GIACOMO LEOPARDI
di e con Gabriele Lavia

"Le poesie di Leopardi sono talmente belle e profonde che basta pronunciarne il suono, non ci vuole altro. Da ragazzo volli impararle a memoria, per averle sempre con me. Da quel momento non ho mai smesso di dirle. Per me dire Leopardi a una platea significa vivere una straordinaria ed estenuante esperienza. Anche se per tutto il tempo dello spettacolo rimango praticamente immobile, ripercorrere quei versi e quel pensiero equivale per me a fare una maratona restando fermo sul posto".
Gabriele Lavia

Lavia 'dice Leopardi': dice, perché non legge né interpreta, ma riversa sul pubblico, in un modo assolutamente personale nella forma e nella sostanza, le più intense liriche dei Canti e non solo, da A Silvia a L'Infinito, dal Canto notturno di un pastore errante dell'Asia e Il sabato del villaggio a La sera del dì di festa.
I versi leopardiani ripetono che l'amore, l'intimità rubata ed immaginata fatta di attese e ricordo, i sogni senza sonno, le nobili aspirazioni dell'animo, le speranze che riscaldano lo spirito umano e che a volte svaniscono di fronte alla realtà, sono tutti elementi che rendono faticosa ed impegnativa la vita, ma straordinariamente degna di essere vissuta. Lavia dice Leopardi è un viaggio nella profondità dell'animo umano, un nuovo omaggio al poeta, a quella sua nuova voglia di sondare la parola e il suono in un momento della sua esistenza che si tramutò in esaltante creatività artistica.

 

 

7 e 8 aprile 2018 | PROSA
sabato h 21 – domenica h 18

Effimera srl

IL SOGNO DI UN UOMO RIDICOLO
di Fëdor Dostoevskij
regia Gabriele Lavia

Il sogno di un uomo ridicolo rappresenta un mondo che si è condannato alla sofferenza, auto-recluso, serrato e costretto in una metaforica camicia di forza, condizione e impedimento di ogni buona azione. Un momento di riflessione profonda e appassionata, in una dimensione sospesa tra fiaba nera e ricognizione psichica.

Dostoevskij concepisce Il sogno di un uomo ridicolo come un racconto fantastico, scritto intorno al 1876 e inizialmente inserito nel Diario di uno scrittore. Si tratta della storia di un uomo, abbandonato da tutti, che ripercorre in un viaggio onirico la sua vita e le ragioni per cui si è sempre sentito estraneo alla società.
Gabriele Lavia in più momenti della sua carriera si è confrontato con questo testo: "La prima volta lo lessi a degli amici a 18 anni e ancora non ero un attore", ricorda, "oggi è passata una vita e Il sogno è quasi un'ossessione. Ho scelto di rimetterlo in scena per festeggiare la nascita del Teatro della Toscana, riconosciuto Teatro Nazionale, e per riaffermare con forza come l'indifferenza, la corruzione e la degenerazione non possano essere le condizioni di vita della nostra società."
Giunto all'età di 46 anni, il protagonista de Il sogno di un uomo ridicolo decide di metter in pratica l'idea, a lungo corteggiata, del suicidio. Però, si addormenta davanti alla pistola carica. Inizia così un sogno straordinario che lo porta alla scoperta della 'verità'. Approda in un altro pianeta, del tutto simile alla Terra tranne che per l'animo dei suoi abitanti, sono puri, innocenti, e in quella purezza lui, per la prima volta, non viene additato come ridicolo. Ma il suo arrivo non è senza conseguenze: contamina quella gente che in poco tempo acquista tutti i difetti della società da cui lui proviene.
"È un uomo del 'sottosuolo', cioè di quell'inferno sulla Terra abitato da dannati che vivono in cupa solitudine, indifferenza, livore, odio nei confronti degli altri", spiega Lavia, "essi si sottomettono alle pene di questo inferno come per una fatalità crudele e misteriosa, e, a un tempo, conservano gelosamente un lucido senso della colpa che li condanna a vivere un'esperienza carica di esaltazione frenetica e sofferente. A differenza degli altri dannati, quest'uomo ha scoperto il segreto della bellezza e della felicità, il segreto per 'rimettere tutto a posto'. 'Ama gli altri come te stesso' 'vecchia Verità che non ha mai attecchito'. E appunto nell'assurda proposta d'amore per il prossimo si trova tutta la sua 'ridicolaggine'. Ma, attenzione, quest'uomo ridicolo è consapevole dell'impossibilità di riuscita del suo progetto, eppure nel raccontare, nel 'predicare' la 'vecchia verità' trova il senso più profondo e l'unico scopo possibile della vita: mostrare la via di salvezza agli uomini, pur sapendo che non vi è possibilità di riuscita e di vittoria."


Il sogno di un uomo ridicolo si rivolge, dietro la finzione letteraria, alla società intera e ne denuncia i vizi che la allontanano dalla felicità fondata semplicemente sull'amore e sulla solidarietà, al posto dell'avidità e dell'egoismo. Sulla condivisione incondizionata anziché sulla presunzione della scienza che solo teorizza le leggi della felicità. E questa idea di felicità ci riporta al messaggio evangelico, di puro amore, di Cristo, al di là di ogni religione e prima di ogni potere.
"Il destino ultimo dell'uomo è quello di realizzare una completa comunione con gli altri uomini", conclude Lavia, "e può avvenire soltanto attraverso l'annullamento della propria individualità e l'amore per il prossimo. Dostoevskij vede nell'individualità l'origine e la causa dello spirito di separazione che c'è tra gli uomini e che ha trasformato la Terra in un sottosuolo."

 

Intervista a Gabriele Lavia
di Matteo Brighenti

Cosa rappresenta per lei Il sogno di un uomo ridicolo?
"La prima volta lo lessi a degli amici a 18 anni e ancora non ero un attore. Oggi è passata una vita e Il sogno è quasi un'ossessione. Ho scelto di rimetterlo in scena per festeggiare la nascita del Teatro della Toscana, riconosciuto Teatro Nazionale, e per riaffermare con forza come l'indifferenza, la corruzione e la degenerazione non possano essere le condizioni di vita della nostra società".
Qual è la forza di questo testo?
"Il sogno di un uomo ridicolo è forse la più sconcertante opera di Dostoevskij. Nella situazione paradossale di un uomo che, decidendo di suicidarsi, si addormenta davanti alla rivoltella e 'sogna' il suicidio e la vita dopo la morte, lo scrittore, con una partecipazione sconvolgente e appassionata ci racconta come l'umanità si sia rovinata per sempre. E la coscienza che l'uomo non può vivere senza individualità significa che la condizione umana è senza via d'uscita."
Chi è 'l'uomo ridicolo'?
"È un uomo del 'sottosuolo', cioè di quell'inferno sulla Terra abitato da dannati che vivono in cupa solitudine, indifferenza, livore, odio nei confronti degli altri. Essi si sottomettono alle pene di questo inferno come per una fatalità crudele e misteriosa, e, a un tempo, conservano gelosamente un lucido senso della colpa che li condanna a vivere un'esperienza carica di esaltazione frenetica e sofferente."
Perché è 'ridicolo'?
"Perché a differenza degli altri dannati quest'uomo ha scoperto il segreto della bellezza e della felicità, il segreto per 'rimettere tutto a posto'. 'Ama gli altri come te stesso' 'vecchia Verità che non ha mai attecchito'.. E appunto nell'assurda proposta d'amore per il prossimo si trova tutta la sua 'ridicolaggine'. Ma, attenzione, quest'uomo ridicolo è consapevole dell'impossibilità di riuscita del suo progetto, eppure nel raccontare, nel 'predicare' la 'vecchia verità' trova il senso più profondo e l'unico scopo possibile della vita: mostrare la via di salvezza agli uomini, pur sapendo che non vi è possibilità di riuscita e di vittoria."
Siamo di fronte a un uomo infelice?
"Questo non è il suo 'stato naturale', e la sua 'naturale' condizione non è la solitudine. Questi sono 'stati' e 'condizioni' culturali sopraggiunti quando la cultura della menzogna si è allontanata dalla natura della verità. Ma il destino ultimo dell'uomo è quello di realizzare una completa comunione con gli altri uomini e può avvenire soltanto attraverso l'annullamento della propria individualità e l'amore per il prossimo. Dostoevskij vede nell'individualità l'origine e la causa dello spirito di separazione che c'è tra gli uomini e che ha trasformato la Terra in un sottosuolo."

 

RASSEGNA STAMPA

Lavia fa rivivere la solitudine di Dostoevskij
il Tempo 08-04-2018

Una camicia di forza per Gabriele Lavia
la Repubblica 07-04-2018

Gabriele Lavia in viaggio tra i versi di Leopardi
la Repubblica 04-04-2018

Leopardi visto da Lavia
Corriere della Sera 04-04-2018

Gabiele Lavia e i canti di Leopardi
TrovaROMA 04-04-2018

Gabriele Lavia tra assoli e ossessioni al Vascello
il Messaggero 04-04-2018

 

SOSTIENI LA CULTURA VIENI AL TEATRO VASCELLO
#Prosa #Danza #Musica #TeatroDanza #Performance #Readingletterari #Clownerie #Circo #Concerti #SpettacoliperBambini #FestivaL #Eventi #Laboratori

 

 

 

 
 

CANALE YOUTUBE VASCELLOIl Vascello su facebookTWITTERgoogle+ Teatro Vascello su Instagram

© TEATRO VASCELLO - Coop. La Fabbrica dell'Attore (ONLUS)- via G. Carini 78 - 00152 ROMA - P.I. 00987471000 - webmasterBUNKER&BUNKER

 
  Privacy Policy