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DAL 30 NOVEMBRE AL 4 DICEMBRE - RASSEGNA ROMACITTÀTEATRO
TUTTE LE SERE ORE 21 DOMENICA 4 DICEMBRE ORE 18

COMPAGNIA ENFI TEATRO
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI DIPARTIMENTO SPETTACOLO DAL VIVO
ON'OFF
Liberamente tratto dal libro di MASSIMO GAMBA Vermicino l’Italia nel Pozzo

Diretto e interpretato da ELENA SBARDELLA

Scene e costumi ALIDA CAPPELLINI
Musiche originali GIULIANO LOMBARDO
Aiuto regia MANUELA LOMEO e GIUSEPPE ROSELLI
Video DANIELE LIANKA CARLEVARO
Datore luci e video MASSIMO GUARNOTTA
ufficio stampa PATRIZIA CAFIERO
Organizzazione CARMELA ANGELINI

SI RINGRAZIANO PER LA PREZIOSA COLLABORAZIONE
TULLIO BERNABEI –LA VENTA- NANDO BROGLIO FRANCO CARRERA BARBARA CORRAO ALDO DE LUCA LEONARDO GORRA ANGELO LICHERI SIMONE NEBBIA STEFANIA KLEIN-CASA EDITRICE SPERLING&KUPFER

A Simone e Salomè.

ON OFF

Note di regia

"E’ stata una notte come quella del primo sbarco sulla luna: il trionfo della tecnologia allora; la sua tragica sconfitta ora, davanti al pozzo di Vermicino. Si può andare sulla luna, ma non si può salvare un bambino caduto in un pozzo. Si possono annientare milioni di vite umane in un attimo; non si riesce a salvarne una sola in tante ore. Ne veniva un senso di angosciosa impotenza, di disperazione … il fatto prende valore di tremendo apologo: della condizione umana, della eterna sconfitta dell’uomo proprio nelle cose di cui più sente orgoglio. La scienza, la tecnica … apologo tremendo anche in questi più ristretti termini, in cui si specchia l’intera realtà del nostro paese: il disordine, l’inefficienza, la demagogia, la mancanza di rispetto per l’altrui sventura e dolore”.

“È il mese di giugno, giorno 27, anno 1981” queste sono le parole di Leonardo Sciascia, quando ancora non è stato estratto dal pozzo di Vermicino il corpo, ormai senza vita, del piccolo Alfredo Rampi.

La tragedia fu seguita da quasi trenta milioni d’italiani, la prima lunga diretta nella storia della televisione che mostrò a tutti un’impolverata, spropositata, pittoresca umanità…che disastro, che miseria: un clima da cantiere stradale, un soccorso senza capo né coda, in fatalistica attesa dell’atto eroico risolutore…tre giorni insomma di lodevoli e sinceri sforzi individuali, ma anche di mostruosa disorganizzazione, si legge negli atti processuali.

C’è chi opera, rischia la propria vita, guarda, chi vuole farsi guardare, ci sono tutti gli ingredienti di un tristissimo reality per il film della morte in diretta.

Dopo, il silenzio.

Vermicino diventa La Tragedia, dalla quale si può risorgere o restare crocefissi, appesi nei secoli dei secoli. Amen.

Il dolore si mischia, spande, si affastella e ognuno traccia il proprio percorso nei solchi di chi sta scrutando, forse per pietà, forse per paura di condividere un destino comune.

La vicenda privata resta tale e On’off muove da Vermicino come archetipo: non solamente una storia da narrare ma uno spaccato in cui penetrare per aprire i nodi del tempo presente.

Quella notte diventa La Notte. Un esodo oltre il tempo e lo spazio che travalica la vicenda, un buio accecante che mostra la strabiliante fragilità del vivere.

On’off vive di combustioni e smorzamenti, blackout emotivi, di disperati figuranti, immagini che si frantumano e ricompongono: paura, impotenza, forme che si mischiano, sovrappongono, levano il respiro. Travagliata solitudine in un mondo imbizzarrito di oscurità cannibale.

Acceso e spento. Vive del primo amore, filiale, materno, sacro. Vive di sangue e fiori perduti, di fluttuanti foglie autunnali. Vive per esistere.

Blackout on stage da guerra mondiale, avanza, testimonia, tatua il solco, tra incubo e sogno, lungo un percorso maleodorante, permeato di pattume.

L’unica e moltiplicata presenza scenica, percorrerà in un luogo surreale lo spazio della mente, dove s’intrecciano figure realmente esistite, storie di persone amate o cucite sulla pelle: deformità per una fine imminente o presagio di una possibile metamorfosi?

Carne, odore, ricordo prima che tutto accadesse, prima che tutto fosse fatto accadere. 

On’ off incarna la bestia dolente che rincorre il sentire: Santa, madonna, cagna, madre, e infine nudo corpo in un plasma bagnato.

Dopo, il silenzio. Spento. Tutto passa, tutto scompare. La prospettiva è lontana, disgiunta dalla propria carne; se nel dolore degli altri si traccia il proprio, si tessono le fila di una morbosità, forse fisiologica, forse malata. La pandemia è in atto e resistere all’anestetico in un delirio di presenze assenti e morti viventi è il motore che spinge la nostra naufraga del cuore a remare, remare per farsi largo.

Una tragedia dove sbocciano le viole del pensiero…del giardino di mia nonna…che gridava quando arrivò il primo televisore in casa: “Lì dentro c’è il diavolo, c’è il demonio e ti può pure ammazzare.” E disperata continuava: “Io li vedo! Quelli me vedono Ninù, arrivano. Qui c’è qualcuno!”

“Nonna è il televisore è per finta, qui non entra nessuno!”

“Qui chi entra non esce, è diverso!”, ripeteva lei con gli occhi gonfi.

On’off è dedicato a mia nonna Salomè e a Simone, amico e compagno di lavoro, adorati e scomparsi. È dedicato a chi non c’è più e che magicamente continua a far battere il cuore e forse muovere il mondo.

Elena Sbardella

 

INGRESSO: INTERO EURO 20 - RIDOTTO EURO 15