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18 -20 Marzo
MOTUS
L'OSPITE
di Enrico Casagrande et Daniela Nicolò
tratto dal romanzo Teorema di Pier Paolo Pasolini

Con: Dany Greggio, Emanuela Villagrossi, Frank Provvedi, Caterina Silva, Daniele Quadrelli, Catia Dalla Muta

Drammaturgia: Daniela Nicolò
Editing Audio: Enrico Casagrande

Riprese e montaggio video: Simona Diacci
Motion Graphic: p-bart.com
Scenografie: Fabio Ferrini
Costruzione scenografica: Plastikart di Istvan Zimmermann & Amoroso
Fonica: Carlo Bottos
Responsabile tecnico: Michele Altana
Costumi: Ennio Capasa per Costume National

Consulenza letteraria: Luca Scarlini
Ufficio stampa e promozione: Sandra Angelini
in collaborazione con Giorgio Andriani
Direzione della produzione e amministrazione: Marco Galluzzi
in collaborazione con Cronopios
Logistica: Roberta Celati

Una produzione Motus e Théâtre National de Bretagne, Rennes
in collaborazione con Festival di Santarcangelo, La Ferme du Buisson - Scène National de Marne-La-Vallée, Teatro Sanzio di Urbino e
Teatro Lauro Rossi di Macerata e A.M.A.T
ed il sostegno di Provincia di Rimini, Regione Emilia Romagna

La sollecitazione originaria proviene dal misterioso personaggio-protagonista di "Teorema", il film e soprattutto l'omonimo romanzo del '68, che forse più amiamo nella vasta e varia produzione artistica di Pasolini. Ci ha colpito l'atmosfera provocatoria e profetica del testo, così terribilmente attuale per il continuo interrogarsi sull'inconsistenza, anche spirituale, della vita borghese, assunta oramai a schema di relazione totalizzante, a tutti i livelli sociali.
"Mai l'Italia fu più odiosa./ (...) si, anche il comunista è borghese. / Questa è ormai la forma razziale dell'umanità. "da "Il poeta delle ceneri", 1966
E' di quei giorni la scelta radicale di iniziare a scrivere di situazioni borghesi, personaggi per lui odiosi, ("ripugnanti", li definisce nella lettera a Moravia in appendice a Petrolio...). Ma non era la borghesia nella sua attualità che poteva descrivere con matematica freddezza, aveva bisogno di un trauma che spogliasse i personaggi delle loro inossidabili certezze: questo "scandalo" lo provoca mettendo il borghese a confronto con il senso del sacro, anzi creando un corto circuito fra santità ed attualità.
Tenteremo allora di realizzare un percorso trasversale attorno alle opere di Pasolini che, a partire da Teorema, contengono questo elemento sacrale-distruttivo, che si materializza in forme diverse anche in Porcile, San Paolo e Petrolio.
Il tema della crisi e della "banalità del male" nel quotidiano, dentro il "nuovo totalitarismo consumistico", è stato già fulcro di tutto il progetto Rooms, dove nelle analisi della borghesia attuate in chiave cinico-ironica da DeLillo, l'elemento traumatico era il compiere un atto estremo, come l'omicidio per "guadagnare credito vitale", per superare la paura della morte... in Pasolini la prospettiva si rovescia: è l'avvento di un fatto scandaloso esterno, quale l'irruzione dell'ospite, o una visitazione angelica, come in Petrolio, a provocare lo svelamento, la frattura, la perdita di controllo.

L'ospite, l'apparizione, ha dunque una presenza duplice: da un lato si carica di un'aura mistica, con precisi rimandi biblici, dall'altro va a rompere completamente le convenzioni delle relazioni sociali, specie rispetto ai più diffusi tabù sessuali, per dare al corpo tutto il potere espressivo che gli compete e che rimane tristemente represso, bloccato.
Ma se in Teorema i rapporti sessuali intrattenuti con l'ospite hanno per tutti un forte valore rivelatorio, in Petrolio l'allegoria assume un connotato decisamente pessimistico. "L'eccesso, il disordine sessuale, la rottura del tabù dell'incesto, non hanno più nulla di liberatorio. La sessualità acquista un segno inequivocabilmente sadiano, il Sade di una smania fredda, scientifica, ripetitiva che fa tutt'uno con la razionalità e l'ordine, inglobato nell'orrore nazista -e stragista-. E' il Sade di Salò, di quella razionalità strumentale, sostanzialmente irrazionale, tesa esclusivamente al dominio, al POSSESSO.

Carlo, il protagonista di Petrolio, grazie al suo "doppio" vive il momento più radicale dell'alterità, trasformandosi in donna: fa così esperienza dell'essere posseduto, concedendosi al giovane guardarobiere Carmelo...(un altro "ospite" che compare in "Come un cane senza padrone" - l'evento performativo presentato al progetto Petrolio curato da Martone a Bagnoli di Napoli, dove abbiamo lavorato proprio sugli appunti da 59 a 62 del romanzo...). Simile esperienza è vissuta dal padre industriale in Teorema che si lascia possedere dall'Ospite, ancora in un prato, "...egli ha sempre, per tutta la vita, posseduto; non gli è balenato neanche mai per un istante il sospetto di non possedere...", ed anche la madre si abbandona prima all'ospite, poi con disperazione, a giovani estranei...
C'è un sorprendente passaggio da una smania di tipo sadico ad una passività di tipo masochistico.
"L'essere posseduti è una esperienza cosmicamente opposta a quella del possedere. Tra le due cose non c'è rapporto; non sono semplicemente il contrario l'una dell'altra, (...) D'altra parte è fuori discussione che il possesso è un Male, anzi, per definizione è Il Male: quindi l'essere posseduti è ciò che è più lontano dal male, o meglio, è l'unica esperienza possibile del Bene, come Grazia, vita allo stato puro, cosmico."
Da Petrolio, appunto 65

L'ambiguità di questa riflessione sul potere sarà al centro del progetto "L'ospite", e tutti i personaggi che lo popoleranno porteranno in sé questa spaccatura, questa sorta di frattura interiore.
Anche la definizione che dà dell'ospite Pasolini stesso ricalca questa angolazione:
"Questo personaggio ha finito col diventare ambiguo, a metà strada fra l'angelico ed il demoniaco. Il visitatore è bello, dolce, ma ha anche qualcosa di volgare (non per niente è borghese anche lui). Ciò che è autentico invece, è l'amore che suscita, perché è un amore fuori dai compromessi, fuori dei patti con la vita, un amore scandaloso, un amore che distrugge ... questo personaggio non è nemmeno identificabile con Cristo, semmai è più un visitatore silenzioso inviato da Dio come nell'antico Testamento..."

E' una figura silenziosa, e questo silenzio ci colpisce: Pasolini dichiara che Teorema era nato come testo teatrale, poi "...ho rinunciato a fare Teorema in teatro perché il silenzio, cioè quel vuoto, era infinitamente più adatto al cinema; se lo avessi fatto in teatro questo dio avrebbe parlato, e che cosa avrebbe detto? Cose assurde. Invece adesso parla attraverso gli altri, attraverso la presenza fisica pura e semplice, cioè il massimo della cinematografia." Da una intervista rilasciata ad Adriano Aprà - da " Per il cinema", I Meridiani, Mondadori, 2001.
Confessiamo che invece quello che più ci affascina è proprio il tentativo di trasporre questo desolato silenzio in teatro, così come la presenza fisica pura e semplice degli attori, anche se comprendiamo le perplessità di Pasolini, che nelle sue esperienze teatrali partiva comunque da una essenziale priorità della parola.
Per Motus è fondamentale tentare delle ibridazioni, e vorremmo spingerle andando oltre la stessa storia di Teorema, incentrando tutto lo spettacolo attorno al concetto di Ospite e di ospitalità per lasciar visitare noi stessi da quell'ospite assoluto e geniale che è Pasolini stesso.
Ecco: Motus apre le porte a questo nuovo venuto e lascia che egli ne sconvolga i processi creativi ...un altro legame con Rooms, anche se ora l'attenzione, in un certo senso, si sposta dal contenitore, la stanza d'albergo, al contenuto, ovvero l'ospite.